Raccontare Joe Colombo significa raccontare la parabola breve ed intensa di uno dei più grandi designers italiani, morto, nel 1971, a soli 41 anni. La vita fulminea di un uomo che credeva fortemente nel futuro e che, proprio in quei fondamentali anni ’60 in cui il futuro cominciava di colpo a sembrare vicino, ce ne restituì una particolarissima prefigurazione. Joe Colombo disegnò allora interi abitacoli. Primo fra tutti, per la Bayer, il Visiona ’69, cellula integrata definita da differenti ”stazioni funzionali”: il blocco ”Night-Cell” (letto+armadiature+bagno), il ”Kitchen-Box” (cucina+pranzo), il ”Central-Living” (soggiorno). Stazioni funzionali articolate sia in pianta che in sezione, come d’altronde avveniva quotidianamente nelle case disegnate da Joe Colombo, ove i pavimenti e i soffitti salivano e scendevano in un continuo accelerare e rallentare del dinamismo interno, ove le librerie erano sospese in alto e le luci incassate a pavimento.
Raccontare Joe Colombo significa poi raccontare qualcuno per cui la ricerca sconfinava sempre, da un lato in ricerca artistica (basti pensare alla straordinaria lampada Acrilica e ai suoi rapporti con le esperienze cinetiche e programmate), dall’altro in ricerca scientifica (lo è sicuramente quella sulla applicazione di nuovi materiali e nuove tecnologie: abbiamo già detto della luce alogena, pensiamo quindi allo stampaggio ad iniezione – la famosissima sedia per Kartell nel 1968).
E molte cose ancora si potrebbero dire raccontando Joe Colombo, su tutte però prevale la struggente constatazione che gli anni brevi ”della fantasia al potere” sono stati anche i brevi anni magici di Joe Colombo. Il destino ci ha impedito di sapere cosa questo genio visionario avrebbe fatto nel periodo buio che seguì. Ancora oggi tuttavia, venticinque anni dopo, molti dei suoi prodotti, allora futuribili, vivono quotidianamente accanto a noi, continuando a parlarci di un futuro migliore.